Conversations with a Killer: The Jeffrey Dahmer Tapes

Milwaukee, il 22 luglio 1991 una vittima, Tracy Edwards, riesce a scappare dall’appartamento di Jeffrey Dahmer, dopo che aveva tentato di ammanettarlo e dopo avergli fatto bere del sonnifero. Fermato da una pattuglia della polizia, convinse gli agenti Robert Rauth e Rolf Müller ad andare a controllare l’appartamento di Dahmer.

Qui furono ritrovati numerosi resti di cadaveri nel frigorifero, alcune teste e mani tagliate all’interno di pentole, teschi umani dipinti, peni conservati in formaldeide, due cuori umani avvolti in sacchetti di plastica e fotografie di cadaveri squartati all’interno di cassetti.

Dopo una breve colluttazione Jeffrey viene immobilizzato e condotto in prigione, in attesa di processo.

Grazie all’avvocata, incaricata dal proprio superiore di raccogliere la deposizione di Dahmer per la sua difesa, ascoltiamo per la prima volta in questa Docuserie le registrazioni su tutto ciò che racconta Jeffrey.

Non ha avuto un infanzia povera o subito abusi, l’unica cosa che non andava a casa erano i continui litigi tra i genitori, dove era la madre a colpire il padre. Dopo anni si arrivò al divorzio, la madre buttò fuori di casa il padre ma poi partì, senza avvertire nessuno, portando con se solo il figlio minore. Abbandonando Jeffrey da solo a casa.

Da qui la sua ossessione per l’abbandono, un carattere solitario e una passione per gli scheletri degli animali morti. Di cui aveva una collezione di ossa. Durante la pubertà capisce di essere gay, cosa a quei tempi inaccettabile. A tredici anni cominciò a coltivare fantasie sessuali dove l’oggetto del suo desiderio erano persone morte.
A dai sedici anni iniziò a bere una grande quantità di alcolici per tutto il giorno.

Rimasto solo a casa dei genitori, dopo che la madre se n’era andata con il fratello David, Jeffrey rimorchia un autostoppista, Steve Hicks 19 anni, e lo porta a casa. Lo ucciderà con un manubrio da palestra, spogliò il cadavere ci si masturbò sopra e poi lo squartò, fece a pezzi il corpo e lo nascose in sacchi per l’immondizia che seppellì nel bosco dietro casa.

Dopo esser andato all’università per pochi mesi abbandonò sia per le assenze che per l’alcolismo, non volendo trovare un lavoro il padre lo fa arruolare. Qui si occupa di soccorsi, affinando la sua passione per la scoperta dell’anatomia umana.

Trascorsi due anni di servizio, nel marzo 1981 fu dimesso per colpa del suo sempre più grave alcolismo.

Nel 1981 il padre lo mandò a vivere a casa di sua nonna Catherine Jemima Hughes a West Allis; visto che era l’unico membro della famiglia a cui Jeffrey mostrava affetto, sperando che sotto la sua influenza il figlio smettesse di bere, trovasse un lavoro e iniziasse a vivere in modo responsabile.

Andava in chiesa con la nonna e sembrava esser riuscito a mettere a tacere i propri impulsi, sopperendo con un manichino e sciogliendo nell’acido scoiattoli morti.

Ma un biglietto ricevuto anonimamente in biblioteca risvegliò il suo desiderio di sesso controllo e dominazione. Iniziando a frequentare bar gay.

Il 20 settembre 1987 Dahmer incontrò in un bar gay Steven Tuomi, un ragazzo di 25 anni originario di Ontonagon, in Michigan: dopo bevuto parecchio Jeffrey lo uccide senza neanche rendersene conto in una stanza di albergo all’Ambassador Hotel di Milwaukee, per liberarsi del corpo compra una valigia per poi portarlo nella cantina della casa di sua nonna, qui ebbe rapporti con il cadavere per poi farlo a pezzi buttandoli nella spazzatura.

Da qui l’escalation.

Nel settembre 1988 fu allontanato da casa della nonna per i continui rumori molesti e dei terribili odori provenienti dalla cantina.

Si trasferì in un appartamento di Milwaukee vicino alla fabbrica di cioccolata dove lavorava.

In quello stesso mese adescò Somsack Sinthasomphone, un ragazzo laotiano di 13 anni, promettendogli dei soldi, 50 dollari, per un servizio fotografico. La vittima riuscì però a sfuggire all’aggressore e a denunciarne le violenze. Grazie alla denuncia, Dahmer fu arrestato e accusato di violenza sessuale. In attesa del processo (che lo condannò a dieci mesi di ospedale psichiatrico, nonostante l’accusa avesse chiesto l’incarcerazione), Dahmer tornò a vivere a casa della nonna. Qui uccise Anthony Sears, incontrato in un circolo gay: anche lui fu drogato, strangolato e in seguito violentato.

Il 14 maggio 1990, subito dopo aver ottenuto la libertà condizionata, Jeffrey si trasferì dalla casa di sua nonna a West Allis all’appartamento n°213 presso il 924 dell’edificio Oxford, sulla 25esima strada a nord di Milwaukee, in una zona abitata prevalentemente da minoranze etniche.

Dahmer portò con sé la testa mummificata e i genitali di Sears.

Da qui non ci fu più alcun controllo, intensificando la propria attività omicida in poco più di un anno (da giugno 1990 a luglio 1991), uccise 12 persone con gli stessi metodi utilizzati per le vittime precedenti, ideando anche nuovi metodi di smaltimento, e lobotomizzazioni nell’intendo di ridurre le vittime a dei zombie consenzienti per tenerli con se al più a lungo possibile.

La cosa ancora più sconvolgente dei crudeli destini fu che una delle vittime di Jeffrey fu il Konerack Sinthasomphone, era il fratello minore del ragazzo laotiano che Dahmer aveva adescato anni prima e lo aveva denunciato, ed anche lui miracolosamente era riuscito a scappare dall’appartamento di Dahmer.

Visto nudo per strada viene soccorso da delle vicine che chiamano la polizia, ma il ragazzo che era stato drogato non riesce a rispondere.
Jeffrey, che nel frattempo era andato a comprare delle birre, vede la scena e avvicinandosi convince gli agenti che quello era il suo ragazzo ubriaco, nel salotto vedono i vestiti del ragazzo piegati e Dahmer gli mostra la foto che gli aveva fatto poco prima.
Gli agenti non interferiscono in storie gay e non controllano il resto della casa, non sanno che in camera da letto c’era ancora il cadavere in putrefazione della vittima precedente. Quando gli agenti se ne andarono, Dahmer uccise, violentò, smembrò e mangiò parzialmente Konerack Sinthasomphone.
In seguito le due donne chiamarono la polizia per ricevere notizie, perché per loro la vicenda era molto strana e il ragazzo sembrava confuso e in pericolo; in realtà il ragazzo riuscì a fuggire in quello stato nonostante Dahmer gli avesse già perforato il cranio con un trapano, sperando nell’effetto zombie del nuovo esperimento.

Grazie alla confessione di Dahmer e alle prove dentarie si riuscì prima a ricomporre o corpi e poi nell’identificazione delle 17 vittime.

Al processo tutto ruotò su: è un malato mentale o un assassino cosciente delle proprie azioni?

Jeffrey Dahmer fu giudicato come sano di mente e condannato a 17 ergastoli.

È morto in prigione ucciso da un altro detenuto con un manubrio da palestra, lo stesso strumento che aveva usato Dahmer nel suo primo omicidio.

Ma la domanda più pressante è: si poteva evitare tutto ciò?

Se ne vittime non fossero state per lo più di colore o gay le indagini sulla loro scomparsa sarebbero state affrontate dalla polizia con più attenzione?

In tutto 3 episodi per questa true crime su Netflix.

Rating: ★★★★★★☆☆☆☆ 

Regista: Joe Berlinger
Anno: 2022

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