Vinyl

Quest’oggi la nostra collaboratrice Disorder ci propone una complessa e approfondita recensione del pilot di Vynil, da leggere tutta d’un fiato! Grazie collega e buona lettura a voi!

I always tried to give the audience what they wanted and in return they made me ridiculously stinking fucking rich. Now, you might want to hate me for that, but before you do, remember this, you jealous prick. I earnedmy right to be hated.

Ascesa e caduta di Richie Finestra: questo è ciò che il pilot di Vinyl intende mostrarci, puntando la sua lente di ingrandimento, non solo sulla facciata sgargiante e allucinatadei personaggi che hanno segnato gli anni della sacra triade “sesso, droga e rock ‘nroll”, ma, soprattutto, sul percorso di chi, da dietro le quinte,ne tirava le fila, in maniera non propriamente corretta e decretava il successo di un nuovo genere musicale,in tutte le sue accezioni, dal punk al glam – a tal proposito, è stato dichiarato, fra l’altro, che David Bowie verrà frequentemente omaggiato. Come avrete inteso, il contesto della vicenda sono gli anni ’70 e ciò è chiaro fin dalla prima scena dell’episodio, in cui, grazie ad una serie di curatissimi dettagli, viene presentato il già citato Finestra, interpretato da un magistrale Bobby Cannavale perfettamente in character, in una situazione emblematica del declino a cui il suo stile di vita ed alcune discutibili scelte lo hanno irrimediabilmente portato. L’uomo, profondamente turbato, si trova a bordo di una costosa macchina, “ultimo modello”, dotata di telefono, mentre compra della cocaina senza porsi problemi sul suo prezzo e la sniffa mediante l’uso di una banconota. Oltre ad intuirne il benessere economico e a scoprirne la professione di produttore musicale, diviene presto chiaro il motivo della sua angustia, quando Richie si serve di un biglietto della omicidi per formare le strisce di cocaina sullo specchietto della sua macchina. L’attenzione dell’uomo viene catturata soltanto da una folla in delirio, che si sta recando ad un concerto presso l’edificio di fronte, il MercerArts Center, evento al quale Richie decide di prendere parte. Grazie alla magistrale regia di Scorsese si rivive nostalgicamente l’atmosfera che si respirava durante un concerto negli anni ‘70, una sinestesia di suoni, luci che colorano i volti sia degli spettatori che della band, i New York Dolls, e la totale immersione nella musica, suggerita dalla camera che si sofferma a sottolinearne la magia. Tra gli spettatori, lo sguardo del regista si focalizza in particolare su Richie, catturato in un momento di contatto con la musica – unica vera costante della sua vita – che sembra tornare primordiale.

Stacco netto e da qui si susseguono una serie di flashback che incasellano la parabola discendente dell’esistenza di Fontana: un passato costellato da lavoretti di ogni genere nei vari locali di New York – sempre ambienti permeati dalla musica – fino alla costruzione del proprio impero, costituito da una compagnia di produzione, l’American CenturyRecords, trasformata successivamente in un’etichetta discografica, che ora deve essere venduta ai tedeschi della PolyGram, a causa di una gestione corrotta, votata all’evasione fiscale e al più becero materialismo. Oltre alla regia di Scorsese, Vinyl vanta una sceneggiatura scritta da Terence Winter, che già aveva lavorato con il regista in “Boardwalk Empire” e, soprattutto, in “The Wolf of Wall Street”: non a caso, le scene che descrivono le giornate di Fontana e i suoi colleghi Zak e Skip, trascorse, con una certa compiacenza, all’insegna della superfluità, in compagnia di prostitute, bevendo, sniffando droga e sperperando soldi, ricordano molto il taglio del film.

Le trattative tra l’American Century Records e la PolyGram, che sono anche teatro di uno scontro ideologico fra americani e tedeschi, coadiuvato da battute e insulti più o meno velati – che ho trovato molto divertenti – mettono in luce alcune perplessità sull’affare da parte degli acquirenti – del resto i nostri non si presentano molto bene – che decidono di legare alla buona riuscita del contratto tra l’etichetta di Finestra e i Led Zeppelin, la band di maggior successo del momento. E a questo punto occorre parlare di Mick Jagger, anch’egli ideatore della serie, a cui si deve l’accuratezza di tutto il comparto musicale e la caratterizzazione di personaggi reali come Robert Plant e gruppi inventati ex novo come i Nasty Bits, il cui cantante viene interpretato dal figlio, James Jagger. Durante l’episodio abbiamo il piacere di ascoltare fra gli altri gli Slade, i The Meters, gli Abba e si citano, inoltre, i Rolling Stones stessi (la moglie di Finestra al telefono gli ricorda: “you can’t always get what you want”), gli Aerosmith, i GodRats, i Black Sabbath, ecc…
La stessa accuratezza è riscontrabile anche nella ricostruzione dei costumi e dei luoghi dell’epoca.

Personaggio al momento secondario, ma certamente promettente, risulta essere Jamie Vine, interpretata da Juno Temple – che spero riceva molti consensi – l’ambiziosa ragazza che serve il pranzo allo staff e arrotonda i guadagni spacciando droga e medicine varie. Jamie coltiva il sogno di ricoprire lo stesso ruolo di coloro per cui lavora ed è più intelligente di quel che sembra, non a caso è l’unico personaggio ad avere una reale intuizione, per quanto un po’ fortuita, riguardo una nuova band promettente, i già citati Nasty Bits, col cui cantante finisce a letto. Non convince molto, invece, al momento, la moglie di Fontana, Devon Finestra, interpretata dalla sempre bellissima Olivia Wilde, ex modella e musa di Warhol, che, frustrata dalla situazione familiare e dallo stato distruttivo in cui piomba nuovamente il marito, si rende conto che forse è ora di tornare a pensare di più a se stessa. Probabilmente il suo personaggio si dimostrerà maggiormente incisivo nelle prossime puntate.

Nelle due ore che compongono il pilot di Vinyl, vengono narrate diverse azioni discutibili che Richie Fontana si vede più o meno costretto a compiere fin dall’inizio della sua scalata sociale, come permettere ad una casa discografica di snaturare il primo musicista con cui lavora, Lester Grimes, bluesman, costretto a cantare hits orecchiabili, di sicuro successo fra il grande pubblico. Lester è senza dubbio il personaggio più puro della storia, che vive per la musica e vorrebbe solamente fare ciò per cui è nato, ma si scontra con la cruda realtà quando viene pestato, poiché si rifiuta di continuare quel tipo di collaborazione con la casa discografica, dopo che Fontana si mette in proprio. Spesso i flashback che trattano questa parte della carriera di Fontana sono intervallati da suggestivi intermezzi musicali, slegati dalla trama dei personaggi, ma legati all’ambiente jazz & blues evocato da questa sezione della storia.

Di sicuro, però, il punto di non ritorno è costituito dall’omicidio che il protagonista si ritrova a dover commettere, in una scena nettamente tragicomica. E a questo punto si ritorna a quel momento di totale comunione con la musica, dove avevamo lasciato il personaggio all’inizio dell’episodio, talmente straniante che Richie ci mette un po’ di tempo prima di accorgersi che l’edificio in cui si trova sta incominciando a crollare, proprio come la sua vita andata lentamente a pezzi. L’edificio cade, Richie Fontana crolla, ma tra le macerie riesce ad emergere. E allora abbiamo la conferma dell’elemento metaforico, nell’ultimo beffardo sorriso che Richie si concede una volta rialzatosi, allontanandosi da quel luogo di distruzione e dalle sue rovine personali. Un sorriso che sa di rinascita e pone le basi per quello che avverrà nei prossimi attesissimi nove episodi.

Rating: ★★★★★★★★★☆ 

Creato da: Mick Jagger, Martin Scorsese, Rich Cohen, Terence Winter

Cast

Bobby Cannavale: Richie Finestra
Paul Ben-Victor: Maury Gold
P. J. Byrne: Scott Leavitt
Max Casella: Julian ‘Julie’ Silver
Ato Essandoh: Lester Grimes
James Jagger: Kip Stevens
J. C. MacKenzie: Skip Fontaine
Jack Quaid: Clark Morelle
Ray Romano: Zak Yankovich
Birgitte Hjort Sørensen: Ingrid
Juno Temple: Jamie Vine
Olivia Wilde: Devon Finestra

Anno 2016

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