Donna che visse due volte, La – Vertigo
Quest’oggi vi proponiamo una bellissima recensione e analisi del film “La donna che visse due volte” del maestro Hitchcock, servita per voi dalla nostra amica lostiana Carmen
Buona lettura!
Quello che mi appresto a recensire è uno dei film che maggiormente apprezzo del genio di Alfred Hitchcock, nonché un modello che penso abbia ispirato diversi altri grandi registi del genere del thriller ed affini.
La trama di “Vertigo”, in italiano “La donna che visse due volte”, può sembrare abbastanza lineare, ma da metà della trasposizione le cose iniziano a complicarsi e capovolgersi, coinvolgendo ancora di più lo spettatore in un climax di tensione e identificazione nell’intrigo dei fatti. Il poliziotto protagonista, Scottie, dopo un incidente avuto a causa delle vertigini di cui soffre, viene assoldato da un vecchio amico, Gavin Elster, per seguirne la moglie Madeleine, che da tempo si identifica con la bisnonna Carlotta Valdes, morta suicida dopo aver perso la figlia ed essere stata abbandonata dall’amante. Scottie accetta l’incarico, colpito dalla bellezza della donna, ed inizia a pedinarla nei suoi spostamenti tra un negozio di fiori, il museo in cui è conservato il quadro di Carlotta, l’hotel e la baia in cui la vede gettarsi in acqua. L’uomo la salva e la porta a casa sua. Gradualmente i due si innamorano, e lei decide di confessargli le sue ossessioni al parco delle sequoie. Scottie, per aiutarla, vuole farle percorrere i luoghi della sua memoria, tra cui un’ ex missione spagnola ma, una volta giunti ad essa, lei si allontana salendo le scale del campanile e lui, impossibilitato a seguirla a causa delle vertigini provocategli dall’altezza, assiste inerme alla morte della donna che vediamo cadere attraverso le finestre. Dopo questi fatti e la veloce sentenza giuridica che accerta sia stato suicidio, Scottie cade in depressione e finisce in una clinica, assistito dalla fedele amica Midge, da sempre titubante sulla faccenda ed innamorata di lui, non corrisposta. Una volta dimesso incontra Judy, una donna che assomiglia tantissimo a Madeleine, tranne per alcuni particolari come l’essere mora e più appariscente. Scottie la fa travestire da Madeleine per poter stare di nuovo con lei e qui, per lo spettatore, avviene il colpo di scena in una sorta di flashback rivelatore: in realtà Madeleine è sempre stata Judy, che ha interpretato l’altra donna per assecondare il piano di uccidere la vera moglie del suo amante Gavin Elster, gettata dalla cima del campanile. Judy, innamoratasi realmente di Scottie, vorrebbe confessargli la verità ma poi desiste, anche se non molto tempo dopo l’uomo capisce l’inganno grazie a un fermaglio di Carlotta, che la donna indossa. Scottie le fa rivivere tutto il momento dell’omicidio all’ex missione, vincendo anche per un attimo la fobia dell’altezza, e vorrebbe vendicarsi uccidendola, lei però gli confessa i suoi sentimenti e si baciano, ma un’ ombra spaventa Judy, che finisce per cadere nel vuoto.
Appare evidente, nel momento in cui l’intrigo si scioglie, uno degli aspetti che caratterizza il modus operandi di Hitchcock: la suspance, che lui differenzia dalla sorpresa (esplicativo l’esempio della bomba sotto al tavolo che Hitchock fa nell’intervista con Truffaut). L’elemento sorpresa si ha quando in una scena viene introdotto qualcosa di cui né i personaggi, né lo spettatore sono a conoscenza, generando stupore, che però termina nel giro di qualche secondo. La suspance, invece, si ottiene quando vi è uno scarto tra gli spettatori ed il personaggio: noi sappiamo qualcosa che lui non conosce e questo provoca tensione per tutto l’arco della storia. Questo discorso è perfettamente dimostrato dal flashback introdotto a metà dell’opera che, attraverso gli occhi di Judy, rivela l’omicidio della vera moglie di Gavin ed è stato inserito da Hitchcock a differenza del libro da cui il film è tratto, che vede il mistero svelato solo nel finale. Ciò, oltre ad amplificare la tensione, come già detto, spinge lo spettatore ad identificarsi maggiormente con Judy, depositaria della conoscenza.
Altro elemento tipico di Hitchcock riscontrabile in questo film è il suo prototipo di donna ottocentesca: bionda e apparentemente casta, dai modi posati, come Madeleine o Carlotta, che in realtà nasconde una trasgressività di cui poi viene punita, incarnata da Judy che è pur sempre la stessa persona, e spinge l’uomo a provare una sorta di attrazione e repulsione. Ideologia che è valsa al regista diverse critiche di maschilismo e misoginia.
Temi sottesi a tutta l’opera sono: la dualità, il senso di inadeguatezza dei personaggi ed il sogno che viene puntualmente disatteso. Scottie fa il poliziotto, ma a causa della patologia di cui soffre, non riesce a salvare il suo collega all’inizio del film, né la donna che ama. Ma ama veramente Madeleine? Quando scopre l’inganno, Judy per lui perde interesse, nonostante sia la stessa persona, come se ciò che cercava fosse l’idea della donna, forse è l’esemplificazione di una sorta di complesso di Edipo. Judy è il personaggio su cui più infierisce: si innamora e vorrebbe solo essere amata per quello che è, ma viene usata da entrambi gli uomini che la trasformano nella donna-prototipo, a cui lei deve ambire per essere considerata e di cui non è all’altezza infatti l’intrigo si svela; infine quando sembra riuscire, nell’epilogo, a liberarsi della dualità, viene punita perdendo la vita. Anche Madeleine, a sua volta, non è all’altezza di Carlotta, di cui sembra essere il fantasma. Le scene in cui appare Madeleine hanno sempre un che di onirico, come se fosse una rappresentazione di un sogno, un oggetto, e nella sua prima comparsa al ristorante pare quasi incorniciata, un effetto che la fissa subito come immagine del quadro di Carlotta. Anche Midge è inadeguata, cerca di rappresentare il prototipo di donna ambita da Scottie, ma fallisce (esplicativa la scena in cui dipinge il quadro simile a quello di Carlotta), sebbene sia l’unica fra le donne a mostrare maggiormente l’aspetto materno dato che lo consola e sostiene sempre, ed in effetti alla fine è lei a restargli accanto, ma non si può parlare di una sua vittoria, in quanto lui comunque non la amerà mai. E’ una donna completamente assorbita dal lavoro (disegna reggiseni, forse l’incarnazione della sua frustrazione sessuale) ed i dialoghi tra lei e l’amico sono ricchi di allusioni velate da parte sua. A mio parere ci sono aspetti di Hitchcock in diversi personaggi di questo film, come il senso di inadeguatezza che li pervade, ma forse è Midge quella in cui si rivede di più. Se Midge è la figura materna, si può considerare Gavin come quella paterna: è l’unico altro uomo, oltre Scottie, a rivestire un ruolo importante nella vicenda ed incarna il simbolo del potere e del possesso, soprattutto sulle donne, è colui che controlla tutto e tutti. Inoltre è l’unico ad occuparsi della dimensione del lavoro, insieme a Midge, mentre tutti gli altri personaggi sono presi totalmente dall’amore.
Il tema fondamentale della vertigine è presente fin dal titolo originale e dai titoli di testa, con richiami sparsi in tutto il film: la patologia di cui soffre Scottie, l’acconciatura di Madeleine, il bouquet di fiori, la scala del campanile. Lo svolgersi dei fatti porta a chiedersi se la vertigine sia la vera malattia o soltanto un sintomo, una manifestazione. Essa rappresenta il senso di smarrimento del personaggio, il vuoto che Scottie ha dentro, tanto che anche nel finale quando riesce a superarla, si rende conto guardando nella voragine che era stato solo un momento e tutto è circolare, proprio come nella spirale. Tecnicamente l’effetto della vertigine è dato dal movimento combinato del carrello indietro e lo zoom in avanti, idea che ad Hitchcock è venuta da ubriaco. La bellissima scena del bacio tra Judy e Scotty è ottenuta in modo simile: la macchina da presa si muove intorno a loro da sinistra a destra mentre la scenografia in senso contrario, e serve a dare il senso di vertigine sentimentale, provocata dal tumulto di lasciarsi andare all’amore .
Anche l’uso dei colori è simbolico, in particolare la triade cromatica giallo, rosso e verde: troviamo il primo ad esempio nel colore di capelli di Madeleine, il rosso è anch’esso associato a lei e alla passione, come nella prima scena in cui appare, il verde invece alla morte ed alle scene in cui è presente Judy, le conferisce un aspetto simile ad un fantasma quando Scottie la vede.
Non resta che il messaggio dell’epilogo: è un finale in cui non ci sono vincenti né un lieto fine, sperato dallo spettatore dopo la rivelazione dei sentimenti. Judy/Madeleine muore e per Scottie è come se accadesse una seconda volta definitivamente e sempre per colpa sua: avrebbe potuto amare Judy ma l’avrebbe sempre considerata diversa da Madeleine o dal modello irraggiungibile di Carlotta, ormai già perso la prima volta. Avrebbe potuto salvarla, ma esita. Rimanere con Midge non è una prospettiva allettante più di quella di restare solo, dato che non la ama e lei lo sa, inoltre non c’è guarigione perché la sua malattia è ben lungi dall’essere svanita. E’ un uomo completamente arreso e disilluso. La morte, che ha pervaso tutto il film, non si allontana neanche nel finale, in cui anzi trova il suo massimo exploit.
Rating:
Regia: Alfred Hitchcock
Sceneggiatura: Samuel A. Taylor, Alec Coppel, Maxwell Anderson
Cast
Kim Novak: Madeleine Elster/Judy Barton
James Stewart: John “Scottie” Ferguson
Barbara Bel Geddes: Marjorie “Midge” Wood
Tom Helmore: Gavin Elster
Henry Jones: Coroner
Raymond Bailey: medico di Scottie
Ellen Corby: proprietaria del McKittrick Hotel
Konstantin Shayne: Pop Leibel
Anno: 1958
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