Turning point: La guerra nel Vietnam

Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sulla guerra del Vietnam e che i Presidenti hanno sempre nascosto al mondo. Una guerra che si capì ben presto destinata a fallire, di cui i Presidenti erano a conoscenza, ma che hanno sempre mentito agli Americani per ragioni politiche e d’interesse.

Gli eventi, le vittime, sia Americane che Vietnamite, Cambogiane, del Laos, i genocidi, la droga, torture, prigionie e giovani ingannati, che venivano mandati inesperti al fronte per divenire inesorabilmente carne da macello.
Gli atti di crudeltà, follia, megalomania che ha portato a una inutile guerra senza vincitori ma solo vinti.

Si stima che morirono 58.220 americani e oltre un milione di vietnamiti, e oltre ai morti, un paesaggio distrutto, comunità diasporiche create e innumerevoli persone ancora avvelenate dagli agenti chimici americani.

Volontari Viet Cong, oltre il 70% dei quali erano donne, che hanno subito brutalità da parte del governo sudvietnamita e/o dei soldati statunitensi, lealisti sudvietnamiti che credevano in una qualche forma di democrazia, soldati sia del Nord che del Sud tormentati dalla violenza, cittadini comuni di entrambe le parti trascinati in guerra, milioni di rifugiati negli Stati Uniti, in Canada e in altri Paesi.

Ripetutamente, i presidenti americani hanno affermato di stare semplicemente cercando di impedire che il Vietnam del Sud venisse conquistato dai comunisti, sostenendo che, se fosse successo, non ci sarebbe stata alcuna speranza di democrazia in Asia.

Fu la guerra più lunga per gli Stati Uniti all’epoca che durò dal 1955 al 1975.

Nel 1961 John F. Kennedy, appena diventato presidente, diede il via alla grande escalation dei “consiglieri” militari statunitensi in Vietnam.

Ma un salto indietro nel tempo ci introduce il tema del colonialismo francese, dimostrando che gli Stati Uniti entrarono in guerra in Vietnam, almeno indirettamente, ben prima che Kennedy arrivasse alla Casa Bianca.

L’escalation del 1961 seguì anni di campagna francese sostenuta dagli Stati Uniti contro i rivoluzionari vietnamiti guidati dai comunisti. Nel 1954, quando i francesi furono sconfitti, gli Stati Uniti pagavano circa l’80% dei costi di guerra della Francia. Seguirono circa altri sei anni di intimi sforzi statunitensi per plasmare la politica vietnamita.

Oltre alla caotica situazione politica della Repubblica del Vietnam (RVN, o “Vietnam del Sud”) e il nazionalismo anticomunista che la alimentava.

In realtà fu una guerra tra rivoluzionari guidati dai comunisti e anticomunisti, dopo che il Vietnam fu temporaneamente diviso al 17° parallelo in base agli accordi di Ginevra del 1954, quegli anticomunisti si radunarono a sud. Ma i rivoluzionari guidati dai comunisti non erano concentrati esclusivamente nel nord.

Una guerra civile tra rivoluzionari guidati dai comunisti sia al nord che al sud, contro gli anticomunisti del sud.

Il “vero leader” al nord non era Ho Chi Minh, ma Le Duan, un rivoluzionario del sud che divenne segretario generale del Partito Comunista.

L’intera guerra terrestre americana negli anni ’60 fu combattuta nel “Vietnam del Sud” e, nei primi anni, quasi tutti coloro contro cui gli americani combatterono erano “sudvietnamiti”.

Sia il Vietnam del Sud che il Governo Rivoluzionario Provvisorio del Fronte Nazionale di Liberazione (FLN) erano partiti sudvietnamiti, e i sudvietnamiti che combatterono contro gli americani erano coloro che si unirono al FLN.

La ragione per cui l’insurrezione del FLN iniziò fu perché il regime di Diem, dopo essersi rifiutato di rispettare la richiesta di elezioni nazionali prevista dagli accordi di Ginevra, si impegnò in una repressione su larga scala contro i sostenitori del Viet Minh e altri oppositori politici nel sud. Questi sudisti anti-Diem parteciparono alla “lotta politica” negli anni ’50 e si stima che decine di migliaia di loro furono imprigionati, torturati e/o giustiziati dallo stesso “Vietnam del Sud”.

Di fronte alla repressione diemista, questi sudisti perseguitati chiesero ad Hanoi di reagire, il che portò alla formazione del FLN e all’inizio di una “lotta armata” coordinata.

Dal fronte Americano abbiamo i nastri della Casa Bianca di Lyndon B. Johnson e Richard Nixon, che ci portano le loro voci nella storia.

John F. Kennedy inizialmente intensificò il coinvolgimento militare statunitense nel Vietnam del Sud con il pretesto di “sconsigliare” i propri militari contro l’invasione comunista, reale e percepita, del Nord.

Ma la più indecente fu la tattica di Nixon che prima delle elezioni professò di voler chiudere la guerra ma dopo eletto non lo fece più, anzi intensificandola perché l’avrebbero vinta.

Preventivando il “decent interval”, il cinico calcolo politico di Richard Nixon e Henry Kissinger grazie al quale Washington avrebbe potuto sottrarsi alla responsabilità dell’inevitabile collasso della Virginia dell’Ovest se fosse riuscita a creare un lasso di tempo sufficiente tra l’imminente ritiro degli Stati Uniti e la quasi certa fine del governo del sud.

Da Kennedy a Nixon rivelano come la guerra “fosse spesso combattuta per ragioni politiche e che molte delle decisioni su cosa fare in Vietnam – in particolare il processo di pace – fossero in realtà dettate dalla politica elettorale degli Stati Uniti” dice il regista.

Le infondate affermazioni di William Westmoreland sulla vittoria imminente e la fuga di notizie dei Pentagon Papers.

Come rivelato dai Pentagon Papers, i funzionari americani sapevano già nel 1967 che gli Stati Uniti non avrebbero mai “vinto” in modo netto contro i nordvietnamiti e il Movimento di Liberazione Popolare, noto come Viet Cong, inducendo l’opinione pubblica a proseguire lo stesso.

Il regista ci spiega che “La nuova America emersa da questo conflitto conteneva le radici di gran parte di ciò che affligge la nostra società odierna: alienazione diffusa, profondo cinismo, profonda sfiducia nel governo, un collasso delle nostre istituzioni civiche”.

Il cinismo emergeva dall’enorme divario tra ciò che il governo di John F. Kennedy, Lyndon Johnson, Richard Nixon e Gerald Ford diceva stesse accadendo e ciò che gli americani apprendevano dalle notizie, dall’esperienza dei propri cari o dalla morte di uno di loro.

Il tutto dandoci chiari insegnamenti sulla fallibilità e l’arroganza americana, sull’intrattabilità del conflitto politico, sui rischi di un potere esecutivo senza scrupoli, manipolatorio e coercitivo.

Ma gli Stati Uniti hanno ripetuto molti degli stessi errori.

I filmati delle proteste universitarie degli anni ’60, con le sparatorie alla Kent State University, sembrano quelli odierni che chiedono la fine del sostegno militare statunitense alla guerra di Israele a Gaza.
I filmati della caduta di Saigon, con i suoi 58.000 militari morti, sembrano Kabul 46 anni dopo, quando gli Stati Uniti si ritirarono da 20 anni di controinsurrezione in Afghanistan, ancora morti devastazione e promesse non mantenute.

Docuserie true crime in 5 episodi su Netflix.

Rating: ★★★★★★★☆☆☆ 

Regista: Brian Knappenberger
Anno: 2025

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